mercoledì 16 settembre 2009

08. I russi

Nel luglio 1918 entra in vigore la prima Costituzione sovietica, che prevede la creazione della Repubblica Sovietica Federativa Socialista Russa, alla quale si uniscono, pochi anni dopo (30.12.22), altre componenti nazionali, sì da formare l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). A tutte le Repubbliche viene riconosciuto il diritto alla sovranità interna e alla libera autodeterminazione, compresa la libertà di staccarsi dalla federazione: l’unico legame è il Partito. Lenin inizia la sua politica con una lotta ferma contro l’analfabetismo, che ha lo scopo di elevare il livello culturale delle masse, mentre, in campo economico, attua il cosiddetto “comunismo di guerra” (1919-21), che consiste nell’obbligo del lavoro per tutti, nella soppressione dei privilegi di classe e nella collettivizzazione dei mezzi di produzione. La proprietà privata è limitata ai beni che servono alla soddisfazione dei bisogni personali. “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”: è questo il principio che guida il socialismo sovietico e non la piatta uguaglianza, poiché né le capacità, né i bisogni sono uguali nei singoli individui. Sul piano politico è riconosciuto il suffragio universale.
Il programma di Lenin prevede due tappe: la prima consiste nella conquista del potere da parte del proletariato e nella instaurazione della sua dittatura. Questo stato di cose avrà termine quando le vecchie classi privilegiate saranno scomparse e l’economia socialista consolidata. A questo punto si entra nella seconda fase del progetto, che consiste nell’abolizione delle classi e nell’inaugurazione della democrazia socialista. Nel 1921, ritenendo ancora prematura l’attuazione del socialismo, Lenin inaugura una nuova politica economica o NEP, che prevede una parziale apertura alla proprietà privata e ai metodi capitalistici e che dovrebbe caratterizzare solo il periodo di transizione al socialismo. Lenin è convinto che solo l’estensione della rivoluzione proletaria in tutto il mondo potrebbe consentire il passaggio dal capitalismo al socialismo. Sotto questo aspetto, egli si muove sulla scia di Marx, il quale aveva previsto che il comunismo non potesse sopravvivere a lungo in un solo paese (Attali 2008; 273).
Dopo la morte di Lenin (1924) si apre un’aspra lotta per la successione, che vede di fronte l’uomo più prestigioso del movimento bolscevico, Trotskij, col potente segretario generale del partito, Stalin (1879-1953), che ha la meglio. Chi è costui? Figlio di un calzolaio, dopo essere stato avviato agli studi per sacerdote, aderisce alle idee rivoluzionarie, e viene cacciato dal seminario (maggio 1899). Per 18 anni è braccato dalla milizie dello zar e costretto a vivere nell’illegalità. Contribuisce a fondare la Pravda (1912), di cui diventa redattore (1917) e, nel 1922, viene eletto segretario generale del Partito comunista. La nuova Costituzione del 1924 sancisce la dittatura del Partito comunista, che viene riconosciuto come unico partito legale ed è ormai in grado di esercitare una profonda influenza su tutti gli altri partiti comunisti europei. Espulso prima dal Partito (1927), poi dal paese (1929), Trotskij continuerà ad essere perseguitato da Stalin e infine sarà ucciso da un agente sovietico (1940).
Conquistato saldamente il potere, Stalin può avviare, a partire dal 1928, una politica economica sulla base di piani quinquennali, che vengono elaborati e gestiti centralmente e che si rivelano in grado di consentire una straordinaria crescita economica del paese e fare dell’URSS, in appena dieci anni, la terza potenza industriale del mondo, dopo USA e Germania. È vero che una consistente fetta del bilancio dello Stato è impiegata negli armamenti e che il tenore di vita della popolazione è tra i più bassi fra le nazioni industrializzate, ma è anche vero che il lavoratore sovietico beneficia di un sistema di protezione sociale che non ha eguali nei paesi capitalisti e dove la disoccupazione è praticamente sconosciuta: il lavoro in Urss è dovere di ogni cittadino, in accordo col principio paolino “chi non lavora non mangia”. La validità di questa politica è provata dal fatto che l’URSS esce indenne dalla crisi economica che, a partire dal 1929, investe il mondo intero. Da questo momento il modello comunista sovietico si pone come valida alternativa al capitalismo occidentale, dal quale è temuto, in quanto portatore di valori antitetici. Si comprende allora perché l’URSS solo tardivamente sia riconosciuta dagli USA (1933) ed ammessa nella Società delle Nazioni (1934). In questo momento l’URSS occupa il secondo posto fra i paesi industrializzati, e questo è ritenuto davvero sorprendente dai paesi capitalisti e depone a favore del sistema economico socialista.
Contro un’opposizione che sta emergendo all’interno del Partito, Stalin adotta una linea dura e non esita a servirsi dei campi di concentramento, i cosiddetti Gulag, di cui già dispone, e attuare grandi purghe (1936-38) per liberarsi degli avversari politici. Nello stesso tempo viene varata una nuova Costituzione (1936), che riconosce ai cittadini i diritti al lavoro, al riposo, alla sicurezza economica (in caso di vecchiaia o invalidità), all’istruzione e all’eguaglianza fra i sessi e fra tutti i cittadini dell’URSS. Riconosce altresì la libertà di coscienza, di parola, di stampa, di associazione e perfino di dimostrazione di piazza (art. 125). Adesso ci sono 11 Repubbliche federate, 22 Repubbliche autonome, 9 regioni autonome e 12 territori nazionali. Tutte le Repubbliche hanno organi di governo propri, ma le stesse istituzioni, e tutti i cittadini, a qualunque paese appartengano, hanno stessi diritti e stessi doveri. In pratica, la parità fra le Repubbliche dell’Unione rimane un semplice enunciato formale. Di fatto, acquista un ruolo preminente la Russia. Lo stesso avviene per le libertà individuali dei cittadini, che vengono sacrificate di fronte all’onnipotenza del Partito e dello Stato.
Nel 1938, non fidandosi degli occidentali e temendo di essere dato in pasto alle mire espansionistiche di Hitler, Stalin decide di intavolare trattative con quest’ultimo, che si concludono in un patto di non-aggressione e di spartizione della Polonia (23.8.1939). Allo scoppio della guerra, inizialmente i tedeschi hanno bisogno di tenersi buona l’URSS e lasciano che essa conquisti la Polonia orientale, annetta i paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), attacchi la Finlandia, tolga la Bessarabia alla Romania, ma poi, quando ormai il fronte occidentale è sotto controllo, i tedeschi cambiano atteggiamento e attaccano l’URSS (22.6.1941). Temendo il rischio di essere schiavizzate da Hitler, le popolazioni slave si stringono intorno a Stalin e oppongono una valida resistenza, potendo contare anche sugli aiuti di USA e Gran Bretagna. Alla fine della guerra, Stalin riesce, malgrado l’opposizione di Churchill, ad assicurare all’URSS il predominio assoluto sull’Europa orientale e centrale. Ora l’URSS è la seconda potenza mondiale, dopo gli Stati Uniti, che sono gli unici a disporre di un armamento nucleare. Nel giugno 1945 l’URSS firma la carta delle Nazioni Unite e diventa uno dei membri permanenti del consiglio di sicurezza.

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