mercoledì 16 settembre 2009

03. I tedeschi

In Germania la Costituzione di Weimar (agosto 1919) istituisce una repubblica federale e parlamentare nel rispetto del Trattato di Versailles, ma ciò viene considerato dalla popolazione un discredito, visto che gli Stati vincitori hanno semplicemente imposto le loro condizioni, senza nemmeno interpellare il popolo vinto e inducendo gli Stati Uniti a rifiutare la ratifica. I tedeschi si sentono dunque umiliati e feriti nel loro orgoglio nazionale e, per di più, devono fare i conti con un’eccezionale inflazione che, se da un lato favorisce la riparazione dei debiti, dall’altro determina serie difficoltà economiche per la popolazione. Il desiderio di rivincita prende forma nel Partito nazionalsocialista che, fondato nell’agosto 1920, mira a restituire alla Germania la perduta grandezza. Dopo un iniziale periodo di ripresa (1924-8), a partire dal 1929 una nuova crisi economica colpisce il popolo tedesco, mentre la Francia ritira le proprie truppe dal suolo germanico. Sono le condizioni propizie per l’attecchimento della propaganda nazionalista e l’affermazione di Adolf Hitler (1889-1945), uomo politico, proveniente da una famiglia contadina austriaca, animato fin dall’infanzia dall’idea di una “Grande Germania”.
Il periodo della giovinezza di Hitler è vissuto all’insegna del grigiore. Compie gli studi secondari con profitto mediocre e conosce la miseria, dipinge per procurarsi da vivere, legge nel limite del possibile e si autoistruisce. Dal 1912 frequenta circoli razzisti, ma la sua vita non cambia. Accoglie con entusiasmo la guerra del 1914 e si arruola, distinguendosi per il coraggio (viene promosso caporale dopo pochi mesi) e ricevendo importanti riconoscimenti del valore militare. Alla fine della guerra, deluso per la sconfitta, solo, senza denaro, senza amicizie, sconosciuto, decide di cimentarsi nella politica e si iscrive prima nel Partito operaio tedesco (1919), poi nel Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, NSDAP (1920), entrambi di estrema destra e nettamente avversi all’avanzata del comunismo. È la svolta della sua vita: in quei partiti Hitler può far valere le proprie qualità oratorie e le proprie idee. Al centro del suo pensiero sta l’idea di grandezza del popolo germanico e il delirio della sua superiorità razziale. “Il Reich tedesco –scrive Hitler– ha il dovere, come Stato, di contenere tutti i tedeschi, con la missione non soltanto di riunire e conservare in questo popolo le migliori caratteristiche primordiali di razza, ma di elevarla […] ad una condizione di supremazia” (2000: 28). Il mondo avrà pace solo il giorno in cui l’uomo superiore sarà diventato signore della terra.
Hitler disprezza i diritti democratici dell’individuo, mentre esalta lo Stato, autoritario e piramidale, come mezzo per realizzare la purezza della razza. Questi sentimenti cominciano a radicarsi negli animi di molti tedeschi e finiscono per indebolire i princìpi repubblicani. Le libertà di stampa e di riunione vengono limitate e ampio spazio viene dato alla propaganda di partito. Nel 1921 Hitler fonda le SA (“reparti d’assalto”), una formazione paramilitare, a lui fanaticamente devota e comincia ad essere chiamato fuhrer, ossia “duce”. Dopo aver tentato invano di rovesciare il governo bavarese (1923), Hitler viene condannato a 5 anni di reclusione e, in prigione, inizia a comporre l’opera che diverrà la bibbia del nazismo, Mein Kampf. Rilasciato dopo alcuni mesi, il Fuhrer trova una Germania in ripresa economica e il suo partito disciolto. Sembra un uomo finito, ma riesce a ricostituire il Partito (1925) e crea le SS (“reparti di difesa”), una specie di polizia interna (1926). Nel 1928 il NSDAP ha 12 deputati, che diventano 107 nelle elezioni del 1930 e 196 nel novembre 1932, anche grazie alla crisi economica e all’appoggio della borghesia, che vuole, in quel modo, sbarrare la strada al comunismo. Il 30.1.1933 Hitler viene chiamato alla cancelleria, in un momento di crisi economica e di forte disoccupazione. Approfittando di un incendio scoppiato nella sede del parlamento ad opera dei nazisti, ma del quale vengono accusati i comunisti, ottiene i pieni poteri. La sua ascesa segna la fine della Repubblica di Weimar e l’inizio del Terzo Reich (Reich = Impero).
Hitler appare subito determinato a prendere la situazione in pugno e intraprende un cammino verso un regime dittatoriale: il 27 aprile dello stesso anno crea la Gestapo, una polizia politica, che la lo scopo di vigilare sulla sicurezza dello Stato, il 2 maggio vengono sciolti i Partito comunista e i sindacati e il 14 luglio il NSDAP diventa Partito unico. Contemporaneamente inizia il boicottaggio dei commercianti ebrei e vengono aperti i primi campi di concentramento. In quanto determinato avversario del comunismo, Hitler gode già delle simpatie del mondo cattolico, che diventano più solide quando il Fuhrer firma un concordato particolarmente vantaggioso per la Chiesa (20.7.1933), anche se poi non lo rispetterà. Il Patto d’intesa e di collaborazione sottoscritto da Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania (7.6.1933) cancella, di fatto, le ultime tracce di Versailles e riconosce la posizione di parità della Germania.
Nel 1934 Hitler riunisce nella propria persona le funzioni di cancelliere e di presidente del Reich, e avvia una politica interna tesa a rilanciare l’economia e a ridurre la disoccupazione. Il suo scopo è l’autarchia, ossia rendere la Germania il più possibile indipendente dalle importazioni dall’estero. Nel 1935, disattendendo le clausole dell’ormai superato trattato di Versailles, inizia a reclutare un grande esercito.
La reazione da parte delle altre potenze europei è debole e si limita a qualche protesta contro il riarmo della Germania (Conferenza di Stresa, 1935) e a qualche fragile accordo, come quello di mutua assistenza firmato da Francia e URSS nel 1935. I successi della politica hitleriana sono innegabili e, quando si svolgono a Berlino le Olimpiadi (1936), la Germania presenta al mondo un volto nuovo: l’ordine trionfa, la disoccupazione è quasi vinta, l’economia è in netta ripresa. Nel 1938, la dittatura di Hitler può considerarsi ormai assoluta. Il popolo vede in lui un ardente patriota, che desidera solo fare grande la Germania, un uomo d’ordine, che ha liberato il suo paese dall’anarchia dei partiti, un politico di destra, che fa da argine al comunismo, un sincero alleato della Chiesa.

03.1. Perché si è affermato il nazismo?
A lungo gli studiosi si sono interrogati sulle cause che hanno determinato l’ascesa del nazismo in Germania, senza trovare una risposta univoca. Qualcuno afferma che il nazismo non dev’essere considerato un tipico prodotto tedesco, ma l’interpretazione tedesca di un fenomeno europeo: quello di uno Stato retto da un partito unico e da un unico capo (RITTER 1953). L’anima profonda di questo fenomeno sarebbe da individuare nel nazionalismo, il quale, a sua volta, è alimentato da erronee convinzioni, come quella della superiorità razziale e culturale, dal desiderio di sottomettere il mondo alla volontà e agli interessi di un solo paese, dall’immaturità di un popolo (SHIRER 1962), dalla sua risposta irrazionale a secoli di oppressione da parte di strutture autoritarie, come la Famiglia, la Chiesa e lo Stato (REICH 1971), e dall’invincibile senso di insicurezza e solitudine che attanaglia l’individuo dopo l’avvento del capitalismo monopolistico (FROMM 1994; SOHN-RETHEL 1980). Tutto questo unito, ovviamente, alla peculiare personalità dell’uomo tedesco, che è stata forgiata dal militarismo prussiano (MEINÉCKE 1946).

Sin dall’inizio della sua ascesa al potere, Hitler appare meno incline ad occuparsi degli affari interni della Germania piuttosto che di politica estera e militare. I suoi obiettivi sono già illustrati in Mein Kampf: portare all’unità tutte le popolazioni germaniche e conquistare uno “spazio vitale” nell’Est europeo, vale a dire assoggettare le popolazioni slave in Polonia, Ucraina e Russia. Hitler nutre scarsa stima per le altre nazioni, fatta eccezione della Gran Bretagna, con la quale sogna di spartire il dominio del mondo: gli inglesi avrebbero dominato sui mari, i tedeschi su un’Europa unita. Nel 1938 occupa l’Austria senza incontrare sostanziali ostacoli da parte delle altre potenze: in fondo, egli sta cercando di unificare le popolazioni tedesche. Le cose cambiano quando Hitler occupa la Boemia e la Moravia (marzo 1939), che comprendono popolazioni avverse al germanesimo: da quel momento gli altri Stati cominciano a diffidare e a prendere le distanze, ma Hitler insiste e, dopo essersi coperte le spalle, firmando con la Russia un patto di non aggressione (24.8.1939), attacca, senza alcuna dichiarazione preventiva di guerra, la cattolica Polonia (1.9.1939), convinto che anche questa volta verrà lasciato fare. Questa volta però Francia e Inghilterra gli dichiarano guerra (3.9.1939), l’Italia lo appoggia, ma non interviene, Pio XII tace. Ha inizio così la seconda guerra mondiale, la cui causa prima è chiaramente da individuare nelle mire espansionistiche della Germania.
Il 18-19 settembre, i ministri degli esteri di Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia si riuniscono a Copenaghen impegnandosi a mantenere una politica neutrale. Ciò nonostante, gli Stati suddetti, con l’eccezione della Svezia, verranno forzatamente coinvolti nella guerra. La prima ad essere coinvolta è la Finlandia, che, rea di essersi rifiutata di concedere all’URSS alcune basi militari e di aver respinto la richiesta sovietica relativa ad alcune rettifiche dei confini, deve subire l’attacco dei russi, mentre la neutralità degli altri Stati scandinavi finisce per essere d’ostacolo ad un eventuale intervento militare anglo-francese a favore della Finlandia. L’attacco russo alla Finlandia è condannato da Pio XII.
Dopo aver occupato la Danimarca e respinto gli Alleati dalla Norvegia, il 10 maggio 1940 i tedeschi, di sorpresa e senza alcuna dichiarazione di guerra, avviano una perentoria offensiva attraverso i territori neutrali del Belgio e quelli dell’Olanda e del Lussemburgo e, in quindici giorni, conquistano gran parte della Francia. Di fronte all’evidente politica di aggressione tedesca, più volte gli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna si appellano al pontefice, al quale chiedono una condanna esplicita, ma invano: Pio XII non risponde. Perché? Si sta forse preparando a sfruttare al meglio i vantaggi di una probabile vittoria tedesca, oppure sta cercando di non ostacolare in alcun modo quella vittoria, che potrebbe fermare l’avanzata del comunismo sovietico nel mondo? Non si sa. Il papa non prende posizione nemmeno di fronte alle notizie che gli arrivano sui campi di concentramento e sul tentativo di genocidio degli ebrei. A lungo ci si interrogherà su questi silenzi, ai quali verranno date interpretazioni diverse, che saranno improntate da un atteggiamento critico da parte dei pensatori laici, da un atteggiamento accondiscendente e giustificativo all’interno del mondo cattolico.
Fidando in una facile vittoria, anche l’Italia decide di entrare in guerra a fianco della Germania (10.6.1940) e sferra un’offensiva contro una Francia già vinta, ma senza successo. Adesso i tedeschi devono piegare l’Inghilterra, che però, grazie anche alla sua superiorità marittima e ai rifornimenti di materiale bellico che ricevono dagli Stati Uniti, riesce ad opporre un’indomita resistenza. Nell’intento di giungere al canale di Suez e di tagliare così le rotte navali attraverso le quali la Gran Bretagna riceve il petrolio dal Medio Oriente, truppe tedesche al comando di Rommel sbarcano in Libia (febbraio 1941). Nel marzo-aprile 1941 i tedeschi invadono la Iugoslavia e la Grecia andando a confliggere con gli interessi che da sempre i russi nutrono nell’area dei Balcani, e ciò comporta un deterioramento dei rapporti fra i due paesi. Hitler ne approfitta per coronare il suo vecchio sogno di conquistare uno “spazio vitale” nell’Est europeo e decide di attaccare la Russia. L’avanzata delle truppe inizia il 22.6.1941 ma, dopo alcuni spettacolari successi, deve arrestarsi di fronte al sopraggiungere dell’inverno e all’organizzazione di una valida resistenza da parte dei russi. È in questo periodo che entrano in guerra gli Stati Uniti (11.12.1941), che però, al momento, sono assorbiti nell’impegno contro il Giappone. È così che, alla fine del 1941, Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica si vengono a trovare in un unico fronte di lotta.
L’offensiva tedesca riprende nel giugno 1942 conquistando la Crimea, mentre Rommel sta avanzando verso Suez. Si profila così la possibilità di giungere ad un conflitto nel Vicino e Medio Oriente (Palestina e India comprese), dove gli arabi potrebbero insorgere contro l’Inghilterra. Nello stesso tempo, con l’intento di bloccare i rifornimenti americani, i sottomarini tedeschi sono impegnati a colpire le navi in transito nell’Atlantico. Le perdite della marina mercantile britannica ammontano a 412 navi. È l’apogeo per la Germania. Da questo momento inizia il declino. Rommel viene fermato ad El-Alamein, i russi resistono a Stalingrado e l’aviazione alleata comincia a bombardare le città tedesche, mentre in Iugoslavia Tito dirige le azioni di guerriglia della Resistenza. Intanto, a partire dal 1942, lo sterminio nazista degli ebrei è diventato di dominio pubblico e gli Alleati continuano ad esercitare forti pressioni sul papa affinché denunci pubblicamente quel crimine, ma, ancora una volta, Pio XII risponde col silenzio.
Nel febbraio 1943 i tedeschi cedono alla controffensiva dell’Armata Rossa, grazie anche ad un milione di riserve che, fino a quel momento, Stalin ha tenuto segrete, e lasciano sul campo due valorose armate, praticamente immolate alla folle vanagloria di Hitler che si è rifiutato di autorizzare la ritirata a tempo debito (DURSCHMIED 2006: 337ss). Anche in Africa gli Anglo-Americani si affermano, mentre in Italia il regime fascista crolla e i tedeschi devono, da soli, sobbarcarsi l’onere di contenere l’avanzata degli Alleati, mentre devono anche difendersi da una forte Resistenza, che si va organizzando contro l’occupazione nazi-fascista. La Francia può riprendere le armi e ricomincia a combattere. Nella primavera 1944 i russi scatenano una grande offensiva, riconquistano i territori che erano passati in mano tedesca e invadono la Romania e la Bulgaria (aprile-settembre 1944). Il 6.6.1944 gli Alleati sbarcano in Normandia con un poderoso esercito, che inizia ad avanzare.
Nonostante non sia più in grado di competere per la vittoria, la Wehrmacth riesce ad opporre una valida resistenza e si ritira con ordine. Ormai l’ultima speranza di Hitler è riposta nelle armi segrete, i razzi V1 e V2, che vengono lanciati sull’Inghilterra con scarso successo. Nel febbraio 1945 i russi penetrano in Germania e si ricongiungono con gli Alleati (25.5.1945), che intanto sono avanzati da ovest. Vedendo che tutto è perduto, Hitler, che fino all’ultimo ha diretto le operazioni militari dal suo bunker, decide di suicidarsi (30.5.1945).

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